Chi non conosce “Quarto stato”, il celebre dipinto a olio su tela di Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato dal 1898 al 1901 e conservato al Museo del Novecento di Milano?. Il suo significato didascalico è esplicito: durante uno sciopero una folla di braccianti avanza compatta, dal buio dello sfondo alla luce in primo piano, che vuole rappresentare «il sole dell’avvenire». L’opera celebra l’affermazione di una nuova classe sociale, quella del proletariato o appunto “quarto stato”, che trova la forza di rivendicare il rispetto dei propri diritti.
Era il novecento, il secolo breve, quello che nella Storia ha scritto le pagine più significative e tragiche e che non è tuttavia riuscito a dare una concreta e definitiva soluzione ai nostri problemi sociali e relazionali: le lotte sindacali si sono rarefatte, sono ormai tutt’altro che incisive, i rapporti di lavoro sfuggono ormai alla contrattazione fra le parti, la mano libera concessa al capitalismo senza etica e la distruzione della grande industria e delle aziende ad alto tasso di occupazione di manodopera hanno finito per svuotare di contenuto quello che un tempo era il potere contrattuale dei rappresentanti dei lavoratori.
E nell’ultimo anno a demolire ogni residua speranza di un recupero dei vecchi equilibri ci si è messo il virus cinese, quella disgustosa pandemia figlia della sperimentazione più criminale che ha determinato la chiusura definitiva di migliaia di aziende, il deterioramento dei rapporti di lavoro, la perdita e la precarizzazione occupazionale e soprattutto ha portato lutti e tragedie in migliaia di famiglie.
Domani si torna a festeggiare una data che per il mondo intero rappresenta un simbolo: il lavoro come mezzo più nobile per la sopravvivenza, come strumento per la realizzazione di se stessi, come diritto da rispettare sempre nella dignità e nella giustizia sociale. Non una festa di una sola parte, ma di tutti gli esseri umani che con la loro fatica o con il loro ingegno si guadagnano il diritto di sentirsi utili.
Una piccola quercia nel “Bosco della Memoria” alla Trucca, che i segretari provinciali di CGIL, CISL e UIL hanno piantato oggi quale simbolo di tenacia e di fiducia nel futuro, che testimonierà crescendo la forza con la quale il mondo del lavoro sta resistendo e combattendo in questi tempi difficili: per il secondo anno consecutivo Gianni Peracchi, Francesco Corna e Angelo Nozza celebrano la Festa dei lavoratori lontani dalla piazza, senza manifestazioni, né folle, né comizi, ma fisicamente vicini oltre che moralmente a quei lavoratori in camice dell’Ospedale Giovanni XXIII che tanto si sono spesi nella lotta al CoViD-19.
«L’Italia si cura con il Lavoro – sostengono i sindacalisti – è quella la leva fondamentale per restituire la giusta prospettiva al futuro del nostro Paese e degli italiani». Non solo a Bergamo ma in tutta Italia, quando si uscirà finalmente dall’emergenza sanitaria, si dovrà trovare un nuovo modello di sviluppo, mettendo al centro non solo la tutela della salute ma anche il lavoro, la persona, l’ambiente.
Ormai è tempo che si riformi il sistema degli ammortizzatori sociali per consentire da un lato la più ampia sburocratizzazione possibile e dall’altro lato a coprire, attraverso strumenti di sostegno al reddito, quei tanti lavoratori che non ne hanno goduto, come colf e badanti, gli stagionali, particolarmente nel turismo, i lavoratori dello spettacolo e tutti quei lavoratori “invisibili” che sono privi di tutele.
Venerdì, 30 aprile 2021