Proprio oggi, all’indomani della sofferta conquista da parte della nazionale italiana di calcio del titolo di Campione Europeo 2020, ho voluto ascoltare una testimonianza diretta dalla viva voce di un vecchio compagno di scuola bergamasco come me, Martino Cartella, che vive da 46 anni in Inghilterra e da oltre 30 anni detiene doppia nazionalità e doppio passaporto.
Emigrato in Gran Bretagna dopo aver concluso qualche esperienza lavorativa in Italia ed in altri Paesi europei, ha studiato International Marketing presso il Marlborough College e vive attualmente a Peterborough dove svolge numerose attività, come consulente aziendale, contabile e consulente specializzato per gli investitori in risorse umane. con una vasta esperienza in tutti gli aspetti della creazione di società, della loro gestione finanziaria e del loro sviluppo.
Molto legato all’Atalanta, dove aveva iniziato la sua vita lavorativa al termine degli studi, come tutti coloro che vivono lontano dall’Italia vive molto intensamente sentimenti ed emozioni che riguardano la patria lontana e le sue vicende, anche sportive: lecito quindi chiedergli come si è vissuta questa domenica nella comunità italiana in Inghilterra, che conta secondo alcuni oltre mezzo milione di connazionali.
«Con la vittoria dell’Inghilterra alle semifinali c’è stata una martellante campagna nazionale con lo slogan diventato un mantra “it’s coming home”, alludendo al ritorno del calcio nella sua presunta patria di origine, una psicosi collettiva che ha coinvolto tutti, dai reali al primo ministro, dalla stampa ai media fino alla generalità dei sudditi, ma in questo modo si è provocata la patologica eccitazione degli animi che, dopo la sconfitta, ha dato vita ad episodi di violenza e di disgustosi comportamenti antisportivi».
«All’uscita da Wembley la bandiera italiana è stata calpestata e fatta a pezzettini, sostenitori della nostra squadra sono stati circondati, aggrediti e presi violentemente a calci, gli stessi tre giocatori inglesi che hanno fallito i rigori sono stati minacciati di morte dai loro sostenitori più fanatici, insomma un clima di caccia all’uomo che le Forze dell’Ordine hanno controllato a fatica».
«Qui a Peterborough, dove in piazza si sono radunati gli italiani, fatti di questo genere non si sono visti, neppure a Bedford che è la città più italiana d’Inghilterra, dove uno su 5 ha origini del nostro Paese, prima della partita i nostri connazionali si erano radunati in una piccola area nel vecchio quartiere italiano, ma dopo la cerimonia finale gli inglesi sono completamente spariti e gli italiani si sono presi pacificamente la piazza».
«Se si parla di sport, gli inglesi possono diventare fanatici e mostrare senza pudore la loro proverbiale spocchia, ma per il resto hanno saputo dotarsi di un apparato statale ed un sistema fiscale che funzionano alla perfezione, nel rispetto del cittadino e delle sue legittime aspettative: in sintesi l’Inghilterra è un disastro per lo sport ma è un paradiso nel quale vivere e lavorare».
Enrico Scarpellini
Lunedì, 12 luglio 2021