Nelle scorse settimane abbiamo scelto di mettere la sordina al problema “pandemia”, sia per rispetto al senso di noia e di insofferenza che il martellamento quotidiano dei media è riuscito a produrre nella maggior parte della popolazione ma anche per la diffusa mancanza di quella totale fiducia che dovrebbe tenere saldi i rapporti tra i cittadini, lo Stato e le Istituzioni.
Troppi cambi di versione, troppe polemiche interne nel mondo della scienza, della politica e dell’informazione, sebbene questa sia apparsa quasi totalmente addomesticata e pertanto inattendibile: poche le voci fuori dal coro, liquidate sommariamente le voci dei medici e degli scienziati non allineati, emarginato e discriminato il popolo degli scettici e di quanti non accettano terapie dalle controindicazioni ancora incerte e contraddittorie.
Stamane il principale canale satellitare italiano, nelle sue news, evidenziava che sono ormai 39.594.227 i soggetti vaccinati con almeno una dose, pari al 66,4% della popolazione, con un picco del 91,4% per gli over 70: non sono trascorsi troppi mesi da quando le autorità avevano fissato al 70% di copertura la soglia per il raggiungimento dell’immunità di gregge, ma forse anche quei numeri erano buttati a caso, per alleggerire il clima di terrore mediatico fin lì creato ad arte.
A completare il quadro già abbastanza confuso, è poi intervenuta la trovata del “green-pass”, lo strumento che viene spacciato per un’efficace difesa contro i contagi quando è ormai palese a chiunque che si tratti solo di una forma di pesante pressione nei confronti dei renitenti all’inoculazione dei sieri “miracolosi”, sommariamente definiti con il termine intenzionalmente dispregiativo di “no-vax”.
La Storia, fra molti anni, racconterà ai posteri la verità su questo misterioso “virus” made in China, capace di riempire le casse delle multinazionali dei farmaci e rendere tutti gli esseri umani delle zone più evolute del Pianeta facili e consenzienti cavie da laboratorio. Solo la Storia rimetterà ogni pagliaccio nel proprio circo e ogni regnante sul proprio trono.
Sul fronte bergamasco la curva epidemiologica da qualche tempo è piatta: ieri si sono registrati 42 nuovi positivi, perfettamente in media con le rilevazioni giornaliere dell’ultima settimana, che mantengono la nostra provincia sotto i 25 contagi settimanali ogni centomila residenti. In terra orobica il virus sembra segnare il passo o meglio mette in evidenza un certo arretramento nel numero dei contagi negli ultimi sette giorni.
Per undici giorni consecutivi, compreso ieri, non si sono verificati decessi per CoViD in provincia di Bergamo mentre un solo paziente positivo non vaccinato risulta ricoverato in terapia intensiva nell’unica struttura bergamasca che raccoglie malati positivi: l’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Se i numeri fanno ben sperare che la fase più acuta sia davvero passata e non confidando del tutto nei “rimedi” governativi, spesso peggiori dei mali che vorrebbero evitare, resta fondamentale il buon senso dei cittadini e l’osservanza delle basilari norme di prudenza, tra le quali il distanziamento personale e la rinuncia agli inutili assembramenti.
Enrico Scarpellini
Domenica, 15 agosto 2021