Ne abbiamo accennato ieri, a margine dell’intervista a Massimo Ferrandi, del Comitato di sostegno all’Ospedale di San Giovanni Bianco: «A ottobre è prevista dalla Regione la riforma sanitaria – aveva sottolineato Ferrandi – e se il territorio non reagisce e non si fa sentire la situazione potrebbe anche peggiorare».
Nel 2015 l’allora presidente della Regione Lombardia, il leghista Roberto Maroni, fece approvare la legge 23 che regola il sistema regionale della Sanità ed il prossimo ottobre si inizierà a discutere della sua riforma considerata ormai urgente. L’approccio al problema, se ha un senso nell’ipotizzare una ripartizione verticale delle risorse a partire dalla metropoli per scendere fino ai centri minori, presenta per molte strutture, oggi considerate d’eccellenza come quelle bergamasche, qualche notevole rischio, soprattutto nella pianificazione temporale.
Com’è ovvio saranno le strutture sanitarie milanesi, pubbliche e private, a garantirsi la precedenza nel fregiarsi del titolo di “Ospedali Regionali”, godendo per prime di tutti i benefici e con un margine di ben tre anni rispetto alle altre strutture lombarde, che avranno un trattamento “discrezionale”. Un meccanismo a due velocità che molti considerano inaccettabile.
Ad esempio il Papa Giovanni XXIII, la realtà bergamasca che si è guadagnata con autorevolezza un posto in Europa tra le migliori strutture sanitarie, dovrà attendere almeno cinque anni per essere considerata “Ospedale Regionale” nonostante ne abbia già da ora tutti i requisiti previsti: almeno tre aree operative di alta specialità, un Dipartimento di emergenza e urgenza di secondo livello, un’elevata attività di ricoveri ordinari di pazienti fuori regione e un indice elevato di complessità per la casistica medica.
Si è sempre saputo che “superior stabat lupus”, ma nel frattempo al Papa Giovanni, dopo un anno di esemplare guerra al CoViD, si continuerà a curare le centinaia di pazienti provenienti dalle altre regioni, si eseguiranno trapianti multipli, si continuerà a formare personale qualificato, a cinquanta chilometri da una metropoli che spesso offre servizi sanitari non in grado di reggere il confronto.
Molti degli investimenti fin qui fatti ed altri progetti importanti, come l’Ospedale di Comunità che potrebbe aggiungersi a quello di San Giovanni Bianco, reintegrato nei suoi servizi soppressi nel tempo, ed al recupero del “Matteo Rota” in centro città, potrebbero essere vanificati dal rigido cronoprogramma elaborato dal Pirellone e da Letizia Moratti, vicepresidente della Regione Lombardia ed assessore alla sanità.
Sabato, 24 luglio 2021