Cosa insegnano i 30 anni che sono stati necessari per la realizzazione dell’opera.
Il lungo iter dal 1992 al presente, con il monitoraggio dello stato di avanzamento delle infrastrutture di mobilità sul territorio della provincia.
Un focus dell’ACI di Bergamo fino al 2030.
L’apertura della variante di Zogno, dopo 10 anni di lavori e un iter partito addirittura nel 1992, hanno rimesso a fuoco il problema della realizzazione delle opere pubbliche in Italia, provincia di Bergamo compresa, soprattutto della tempistica lunga e dei costi che salgono. In parallelo è stato riportato in primo piano il nodo gordiano dei progetti e delle possibili strategie più utili e praticabili nel vasto campo dei sistemi della mobilità nella nostra provincia. Sullo stato di avanzamento delle infrastrutture è stato messo a punto – ed è in discussione su più tavoli – uno studio dell’ACI di Bergamo: si tratta di un’analisi minuziosa e dettagliata dei cantieri di cui si parla (in alcuni casi da anni). Da qui al 2030 cosa andrà ad accadere e quali saranno le priorità? Traducendo: quali saranno i progetti che partiranno e quali invece potrebbero rimanere al palo, sulla base dell’ampia esperienza consolidata in questo passato prossimo e remoto, con Zogno che insegna?
Valter Milesi, ex-assessore della Provincia alla Viabilità nei due mandati del presidente Valerio Bettoni (1999-2009), è l’uomo che ha dovuto occuparsi più da vicino dell’imponente macchina che finalmente è giunta al traguardo l’8 novembre 2021. Comincia subito con un riconoscimento chiaro e deciso, l’ex-assessore: «La variante è bella, comoda, panoramica. Il tracciato è scorrevole, lo si percorre agevolmente in una manciata di minuti da un campo all’altro e anche quando si transita nei due tunnel di 2,8 km complessivi non si avverte quel senso che solitamente danno i transiti in galleria. Rispetto alle varie gallerie realizzate nella nostra provincia, questa è senz’altro sul podio più alto, grazie anche ai vantaggi tecnologici della modernità».
Milesi s’è ritrovato sul tavolo un dossier complesso, aperto nel 1992. L’ANAS aveva fatto il progetto di “foro pilota”, tutto in galleria per oltre 4 km, poi accantonato dopo la tragedia del Monte Bianco, con l’incendio del 24 marzo 1999 che costò la vita a 39 persone. «Dopo il decreto Bassanini, che produsse il passaggio delle strade dall’ANAS alle Province, all’inizio del 2000, la Giunta Bettoni pensò ad un altro tracciato, in pratica l’attuale, che prevedeva di alzarsi in quota, con abbassamento delle problematiche e costi più onerosi. Si trattava però di evitare la galleria unica di 4 e più km. Maturò così il progetto elaborato da uno studio e con una ditta svizzera specializzata. Nel 2008, l’8 dicembre, ricevemmo la comunicazione ufficiale dall’allora Presidente della Regione Formigoni dello stanziamento di 62 milioni di euro, 15 dei quali ex-ANAS, trasferiti al Pirellone, per l’attesissima variante. Nel 2009 noi avevamo pronti progetto e finanziamento dell’opera».
C’è voluta una dozzina di anni per tagliare il traguardo finale. In totale, quasi 30 anni con un costo finale di 77 milioni. «Questo – sottolinea dal canto suo l’ex-Presidente di via Tasso e attuale numero uno dell’ACI di Bergamo, Valerio Bettoni, è uno degli effetti perversi prodotti dalla distruzione delle Province, che ha innescato la crisi di tutto il sistema. Se fossero rimaste, non si sarebbero create le situazioni viste con tutta la mole di problemi incontrati nella programmazione. Purtroppo è mancato e manca tuttora l’ente che fa sintesi».
L’esperienza fatta deve pure insegnare qualcosa, ed a questo tende il dossier messo a punto dall’architetto Felice Sonzogni, presidente della Commissione Mobilità e Infrastrutture dell’ACI di Bergamo ed ex-assessore provinciale nell’omonimo settore. La moviola inizia a girare anche con Sonzogni dalla variante di Zogno, il Comune delle sue radici, contestualizzata in uno scenario più ampio: «La funzionalità dell’opera si potrà apprezzare nel suo insieme quando si darà attuazione al tratto Paladina – Villa d’Almè e alla variante di San Giovanni Bianco». Poi ecco una sottolineatura in prospettiva: «Vorrei però ricordare che le strade non sono solo infrastrutture per la mobilità ma anche un’occasione per rapportarsi e percepire i luoghi e il territorio mentre lo si attraversa. Risalendo la valle, dopo il tratto in galleria, con questo nuovo percorso, si apre un bellissimo paesaggio verso le valli Brembana e Serina con le Orobie sullo sfondo. Da qui inizia la valle! È un elemento importante del progetto che viene affidato alle attenzioni ambientali dei Comuni perché proteggano e tutelino l’intorno del tracciato e delle rotatorie dalle aggressioni edilizie che ne vanificherebbero gli sforzi e gli investimenti della realizzazione appena conclusa».
Adesso, dopo il lavoro di ricognizione e la messa a punto dei progetti che riguardano la mobilità sul territorio bergamasco – dalle strade alle autostrade, dalle ferrovie alla tramvia e dall’interporto alla ciclabilità – bisognerà cercare convergenze di sintesi.
L’ACI di Bergamo con il suo monitoraggio (http://www.bergamo.aci.it/) inviato ai molti tavoli interessati e finalizzato ad una valutazione complessiva, con proposte, aggiornamenti e modifiche, punta a esprimere un rilevamento aggiornato della situazione perché le istituzioni competenti se ne facciano carico, individuando anche una gerarchia nelle scelte dei cantieri che potranno vedere il disco verde e il traguardo finale entro il 2030.
Venerdì, 12 novembre 2021