Come succede per tutti i media e per l’informazione a mezzo stampa, ormai ci si aspetta che l’apertura di qualsiasi notiziario sia focalizzata sull’andamento della pandemia di CoViD-19, sul bollettino dei caduti, sul traffico dei ricoverati e sulle cifre che farebbero la felicità di ogni buon appassionato di statistica. E questa regola vale anche per noi.
Ieri la Regione Lombardia, nel suo report settimanale, ha mostrato gli attuali numeri, sulla base dei quali per il nostro territorio potrebbe essere realistica l’attribuzione della fascia gialla, con i conseguenti benefici per la collettività: su quasi 47 mila test eseguiti, dei quali 21mila molecolari e 26mila antigenici (sono 9.022.749 i tamponi complessivamente praticati in Lombardia), i nuovi positivi sono stati 1670 (dei quali 72 “debolmente positivi”), con un tasso del 3,5%. Nella provincia di Bergamo sono stati solo 108 i nuovi casi rilevati.
Complessivamente in Lombardia i ricoveri in terapia intensiva scendono di 33 unità e si attestano a quota 675, mentre crescono di 2816 i guariti o dimessi; risulta invece di 67 il numero dei decessi che porta il totale da inizio pandemia a 32.386.
Quella che per gli italiani è una tragedia, personale, sociale o economica, per alcuni furbi rappresenta al contrario una concreta occasione di guadagno illecito. Di ieri la notizia di 21 arresti, sei in carcere e quindici ai domiciliari, operati dalla Guardia di Finanza per una truffa di oltre quattro milioni di euro attraverso l’accesso al Fondo di Garanzia dello Stato riservato alle piccole e medie imprese per l’emergenza Covid, oltre ad altre forme di finanziamento ottenute dalle banche.
I ventuno arrestati avrebbero operato all’ombra di società fittizie, operative in vari settori tra cui l’edilizia ed il noleggio di elicotteri, ma anche di società attive nel settore della fornitura di manodopera e dell’imballaggio per la grande distribuzione. Immobili, auto di lusso, orologi di pregio, conti correnti ed una pistola, tutto sequestrato dai militari che hanno preso parte al blitz di martedì scorso.
I finanzieri della compagnia di Sesto San Giovanni sono risaliti a tutti e tre i filoni societari coinvolti nella maxi frode, con sedi tra le province di Monza, Milano, Piacenza e Bergamo: la presunta cupola dell’associazione a delinquere finita al centro dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Monza sembra infatti essere costituita da un commercialista milanese, un consulente fiscale di Cologno Monzese e un imprenditore calabrese residente a Bergamo.
Ma in questi giorni in tema di CoViD a tenere banco è proprio il problema dei banchi di scuola, o meglio della percentuale di studenti che, “nel rispetto di tutte le norme di sicurezza” e bla bla, potrà abbandonare finalmente la DaD per tornare a frequentare le lezioni come si è sempre fatto, in classe.
Si suppone, o forse si spera ma senza neppure troppa convinzione da parte degli stessi presidi, che da lunedì sia consentita nelle scuole superiori una presenza di almeno il 60% degli studenti, con assoluta priorità alle quinte classi, quelle che devono affrontare la maturità. Questo nella concreta prospettiva che la Lombardia passi a zona gialla fin dalla prossima settimana.
Scuole dell’infanzia, elementari e medie saranno invece ovunque in presenza senza distinzione di zone. Il problema finirà sui tavoli delle Prefetture dove si confronteranno i rappresentanti delle istituzioni, del mondo scolastico e dei trasporti per trovare il giusto assetto: a Bergamo la riunione è programmata per la mattina di domani.
Infine un segno dell’incompetenza e della superficialità con le quali il problema CoViD è stato trattato dagli organismi preposti per oltre un anno: per eseguire le vaccinazioni si sono cercati disperatamente medici, anche in quiescenza, ma un cavillo, che nasce nelle pieghe di un decreto anti-Covid, li disincentiva: se un medico in pensione vuole dare il proprio contributo per le inoculazioni aderendo ai bandi «remunerati» delle Regioni, rischia di rimetterci proprio la pensione, che verrebbe congelata fintanto che presta tale servizio ed in tasca gli rimarrebbe solo quel che la Regione paga per il «ritorno in campo».
Un cavillo burocratico che potrebbe essere facilmente risolto nei prossimi giorni grazie ad un emendamento al decreto legge “Sostegni”. Ma per i camici bianchi in quiescenza che vogliono comunque contribuire alla campagna vaccinale esiste un’alternativa: questo grottesco cavillo non ha infatti alcun effetto sui pensionati che hanno aderito ai bandi per il reclutamento volontario, per i quali già ora le Regioni non operano alcuna decurtazione del trattamento di pensione.
Mercoledì, 21 aprile 2021