Il reparto Infettivi del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, come dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano e altri 16 reparti negli ospedali lombardi hanno ricevuto nella scorsa settimana dall’AIFA l’autorizzazione a prescrivere e somministrare a grandi obesi e ipertesi la cura contro il CoViD a base di anticorpi monoclonali, i quali hanno la funzione di bloccare la “proteina spike” sulla superficie del virus che si lega al recettore delle nostre cellule così da impedire l’ingresso del virus all’interno delle cellule stesse.
Per Letizia Moratti, vicepresidente della Regione Lombardia, i “monoclonali” sono «un’altra arma da mettere in campo nella nostra sanità di guerra contro il Covid, a fianco dei vaccini» e se «non saranno in grado di rivoluzionare lo scenario pandemico — secondo Marco Rizzi, direttore delle Malattie infettive del Papa Giovanni XXIII —, per alcuni pazienti possono fare la differenza».
Le linee guida fissate da Aifa per l’uso di questi farmaci prevedono che il paziente non sia già ricoverato né sia in trattamento di ossigenoterapia a causa del Covid ed abbia sintomi lievi o moderati ma non gravi. In questa prima fase del contagio il sistema immunitario non ha ancora iniziato a reagire al virus e quindi, somministrando il farmaco, non si avrà la temuta risposta iper-infiammatoria che si potrebbe invece sviluppare quando l’organismo, nella fase successiva al contagio, ha già iniziato a produrre autonomamente le difese immunitarie.
Arrivare prima che sia troppo tardi, quindi, comunque nella prima fase della malattia, quando il Covid è appena penetrato nell’organismo umano e si replica, entro dieci giorni dai primi sintomi secondo l’AIFA, meglio entro cinque per gli esperti. Solo questa è la finestra temporale in cui è utile usare gli anticorpi monoclonali.
La grande sfida è intercettare i pazienti giusti, nel momento giusto, già seguiti dalle strutture sanitarie per altre patologie così come è stato fatto per il paziente oncologico in chemioterapia che per primo a Bergamo ha ricevuto la cura a base di anticorpi monoclonali presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Ma esistono anche altre strade percorribili, come l’identificazione durante il triage in Pronto Soccorso dei soggetti che potrebbero trarre giovamento dal trattamento o la segnalazione da parte delle guardie mediche, dei medici di famiglia o dei pediatri che sono più a diretto e costante contatto con i loro pazienti. A questo proposito l’ospedale bergamasco sta già aprendo un canale di comunicazione tra territorio e un suo infettivologo attrezzato per le “televisite”. Tuttavia non sono numerose le strutture sanitarie che al momento dispongono di anticorpi monoclonali, farmaci ancora molto costosi e prodotti per ora in modesta quantità.
Domenica, 28 marzo 2021