“Il pronto soccorso dell’ospedale di San Giovanni Bianco sarà potenziato, con un ampliamento dell’offerta. Il progetto è in attesa del finanziamento della Regione”.
Così scrive il comunicato ufficiale dell’Asst Papa Giovanni XXIII dopo l’inaugurazione dei nuovi locali della Week Surgery all’ospedale di San Giovanni Bianco, venerdì 17 gennaio (qui la cronaca).
Un potenziamento che, evidentemente, si augurano gli abitanti della Valle Brembana. Che in questi anni – a partire alla chiusura del punto nascite e del reparto di Ostetricia-Ginecologia – si sono visti, “trasformare” il loro ospedale.
L’ODISSEA PER INGESSARE UN DITO: TRE OSPEDALI, 104 CHILOMETRI E 2O ORE DI ATTESA
Se lo augura anche un cittadino della valle che ci racconta la sua “odissea” per riuscire a ingessare una mano con un dito fratturato.
“E’ successo poco prima delle festività, ad Almè – racconta – quando sono stato vittima di un incidente stradale. Nell’impatto un dito si è fratturato. L’intervento della Croce Rossa è stato tempestivo e la professionalità del personale massima. L’incidente accade alle 19, vengo caricato sull’ambulanza e portato all’ospedale – immagino – più vicino, al Policlinico di Ponte San Pietro: in sala d’attesa una ventina di persone. Evidentemente, e giustamente, non sono considerato grave. Entro in “codice verde”, con la mia mano dolorante. La sorpresa quando guardo il tabellone per accedere al servizio: stando a quanto scritto ci sono persone in attesa dal primo pomeriggio, quindi da otto e più ore. Attendo poco oltre mezzanotte, poi chiedo informazioni e mi dicono che devo ancora attendere. Al che domando se – accompagnato da un parente – posso andare all’ospedale di San Giovanni Bianco, quanto meno per non passare la notte lì”.
“Arrivato a San Giovanni Bianco il pronto soccorso è deserto: nessuno in attesa. Vengo subito visitato. Ma, ahimè, è venerdì sera, e non c’è l’ortopedico. E non c’è neppure la possibilità di fare dei raggi. L’unica cosa che può fare il medico del Pronto soccorso è guardare la mano (!). “Potrebbe essere rotto un dito”, mi dice. E mi rinvia al giorno dopo per la radiografia. Mi domando? Ma questo è un Pronto soccorso a orari o funziona per 24 ore? Considerando che si tratta del tanto sbandierato ospedale di montagna, vicino alle montagne e agli impianti di sci che si riempiono di infortunati, pieno di anziani ed escursionisti, non andrebbe potenziato il servizio di ortopedia? Torno – come indicatomi – il giorno dopo a San Giovanni Bianco, sabato, alle 8,30: finalmente la radiografia. Alle 10,40 so finalmente che il mio dito è rotto. E ora? “Ora deve andare a Bergamo a farselo ingessare. Ma non può guidare l’auto. Si faccia accompagnare”, la risposta. Insomma, a questo punto quasi mi convinco che non sono in un Pronto soccorso. Scomodo l’ennesimo parente e arrivo al superaffollato Pronto soccorso di Bergamo dove sul tabellone trovo scritto dei numeri con i tempi “medi” di attesa per i “codici verdi”: 20 (ma saranno minuti, secondi o ore?). Alle 15 la mano viene ingessata e me ne torno a casa. Dopo 20 ore dall’incidente, tre ospedali e 104 chilometri”.
In cinque anni – continua il comunicato dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – sull’ospedale di San Giovanni Bianco sono stati investiti 8,5 milioni di euro. Benissimo. Ma, evidentemente, non bastano per ingessare un dito il venerdì sera.
Sabato 18 gennaio 2025