La Dea è tornata dall’Olanda cinta dalla corona d’alloro che spetta ai vincitori ed il campionato più bello del mondo l’ha messa subito alla prova contro la Fiorentina al Gewiss Stadium, dal quale è uscita con un rotondo tre a zero e dopo solo tre giorni l’ha spedita a Torino, al cospetto della Vecchia Signora del calcio italiano.
Le assenze, i turnover, le schermaglie con gli allenatori, le quarantene, gli infortuni, i turni infrasettimanali, gli impegni di coppa: quest’anno i fattori esterni sono molteplici e pesanti e non risparmiano neppure i “mostri sacri”, figuriamoci le squadre che rincorrono, come l’Atalanta in questa fase, sia pure con una partita con l’Udinese ancora da recuperare.
Ma come spesso succede nel calcio, il piccolo Davide può non perdere davanti al gigante Golia, anzi lo può mettere in seria difficoltà, perché ci mette passione, grinta, impegno, volontà, entusiasmo e così a Torino la Dea ha giocato alla pari, viso a viso, senza timori reverenziali, senza alcuna sudditanza psicologica.
E Gollini, il portierone dell’Atalanta, è riuscito anche ad ipnotizzare il big Ronaldo, il supercampione dei rigori, rimasto di stucco dopo aver accuratamente preparato l’esecuzione capitale. E la nostra bandiera, il “Papu” regista e onnipresente, schierato dal Gasp dopo un periodo di guerra fredda che ci auguriamo conclusa, non segna ma suggerisce, distribuisce, realizza assist e rinfranca tutta la squadra.
Grazie Dea, squadra che vince non si tocca, nessuno è indispensabile ma se siamo tra le sedici squadre più forti in Europa un motivo ci sarà.