Il governo sembra aver preso unilateralmente la sua decisione carica di devastanti effetti economici e nonostante i ripetuti appelli delle Regioni alpine. La sentenza di morte per il turismo invernale è stata resa nota per bocca del Ministro Francesco Boccia: «La sicurezza delle persone e la salute vengono prima di tutto, dobbiamo chiudere questa seconda ondata evitando la terza e mantenendo la convivenza con il virus con il massimo della sicurezza». Il governo ha commesso l’errore grossolano di tracciare un parallelo tra i comportamenti dei turisti della scorsa estate nelle località marine e la pratica totalmente diversa se non antitetica degli sport di montagna: un simile equilibrismo concettuale appare quantomeno ridicolo.
La linea dell’esecutivo rimane quindi la stessa, sebbene i dati epidemiologici siano incoraggianti ed i rischi di contagio in montagna siano davvero limitati ove vengano osservate le comuni norme di prudenza quali niente resse ai botteghini, riduzione dei posti sui mezzi a fune, contingentamento delle presenze nei rifugi, uso di ogni altro accorgimento previsto per decreto.
Ma un altro elemento si aggiunge ad aggravare la situazione: la concorrenza delle stazioni sciistiche svizzere, austriache, slovene, già pronte ad aprire le piste. In effetti se l’Europa non interviene immediatamente a rendere uniformi le disposizioni di chiusura o apertura degli impianti, l’Italia dovrà subire oltre che i danni anche la beffa. Se questo problema non avrà una soluzione allora non resterà che pretendere dallo Stato un adeguato “ristoro”, sebbene questo porterà benefici transitori mentre i danni resteranno per anni.
Una richiesta, quest’ultima, condivisa anche da Massimo Fossati, vicepresidente nazionale e presidente dell’Anef Lombardia (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari): «Noi eravamo pronti e avevamo predisposto un protocollo per riaprire in sicurezza, già approvato dalle Regioni e in attesa di approvazione solo del CTS e del Governo. Ma siamo coscienti di essere nel pieno di una pandemia e se dovremo restare chiusi, lo faremo. Magari potevano dircelo prima, visto che gli impianti, anche tutti quelli della Bergamasca, stanno investendo e lavorando per aprire a dicembre. Ora però ci aspettiamo ristori per tutto il settore, impianti, scuole di sci, rifugi, commercianti, albergatori e tutti quelli che lavorano in questo comparto».
Mesi di lavoro buttati via, costosi investimenti senza ritorno, incertezza totale sul futuro: anche questo aspetto per nulla trascurabile è da mettere sul piatto della bilancia, come la salute pubblica, ma ci vorrebbero ben altri organi decisionali.